Operetta » LA VIE PARISIENNE

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Musiche di Jacques Offenbach
Libretto di H. Meilhac e L. Halévy

Compagnia di Operette Alfafolies
Coro “Carmine Casciano”
Balletto Alfaballett
Scene e Costumi della Compagnia
Regia di Augusto Grilli

Alla stazione di Parigi due dandies rivali, Bobinet e Gardefeu, aspettano l’arrivo della loro amante Metella, ma questa, in compagnia di un altro signore, fa finta di non conoscerli. Arrivano anche un brasiliano carico di denaro e una coppia di svedesi, i baroni di Gondremarck, ambedue ansiosi di divertirsi senza il rispettivo coniuge. I due bellimbusti riescono a farsi passare per guide del Grand hôtel, e conducono i due svedesi a casa di Gardefeu dove varie persone, tra le quali il calzolaio Frick e la guantaia Gabrielle, si fanno passare per gran signori. L’indomani la mascherata si ripete a casa di una zia di Bobinet, assente per la villeggiatura. Bobinet si finge un ammiraglio svizzero e la cameriera Pauline tenta di sedurre il barone. Tutti i presenti si danno alla pazza gioia. L’improvviso arrivo della zia di Bobinet, Madame de Quimper-Karadec manda in fumo i tentativi di Gardefeu di sedurre la baronessa di Gondremarck. Infine, nell’epilogo che si svolge al Café anglais, tutto si conclude nel migliore dei modi: i due baroni si rappacificano, Metella torna tra le braccia di Gardefeu, e il brasiliano trova l’amore nella guantaia Gabrielle. La storia termina nella felicità generale, con un inno alla città.

Nel 1866 Jacques Offenbach abbandonava temporaneamente il suo teatro e la sua solita compagnia, i Bouffes-Parisiens, e destinava a quella del Palais Royal una nuova operetta, La vie parisienne , una specie di omaggio alla Esposizione universale di Parigi che si andava allora preparando. A differenza delle operette precedenti, infatti, l’azione non è ambientata nel passato ma si svolge proprio a Parigi nel 1867, e la storia è solo un pretesto per rappresentare ironicamente la vita parigina di quei giorni, l’ebbrezza di una società in cui sono ormai cadute tutte le barriere sociali. Per la prima volta nelle operette di Offenbach l’attualità va in scena, e la parodia del presente non passa attraverso il filtro del passato.
La vie parisienne è l’omaggio più affettuoso reso da Offenbach alla sua città d’adozione, e a quella variopinta umanità che ogni sera si riuniva nei suoi caffè e affollava i suoi boulevards e i suoi teatri. Un tributo nel quale la sua vena caustica si è come affievolita: egli guarda con occhio egualmente affettuoso personaggi del demi-monde e della jeunesse dorée, i dandies e le sartine, la cortigiana Metella e i baroni Gondremarck. Valga per tutti l’immagine della parigina che cammina sui boulevards col naso in su, con la veste che fa «frou frou» e i piedini che fanno «toc toc» e il grido di gioia del brasiliano nel rivedere Parigi riflette forse l’entusiasmo del compositore per la città che gli aveva dato tutto.
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